Il Comitato europeo dei diritti sociali, che è sostanzialmente un organismo del Consiglio d’Europa, redarguisce l’Italia per quanto riguarda l’applicazione della legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza, stabilendo che il paese “viola il diritto alla salute delle donne che vogliono abortire, poiché esse incontrano notevoli difficoltà per quanto riguarda l’accesso a tali servizi”.
I medici obiettori di coscienza in caso di interruzione volontaria di gravidanza sono 7 su 10, in questo modo abortire in Italia non è più un diritto
La situazione Italiana è abbastanza preoccupante per quanto riguarda l’interruzione volontaria di gravidanza. Sette medici su dieci sarebbero obiettori di coscienza e le donne che vogliono ricorrere ad un aborto, secondo quello che dice lo stesso consiglio d’Europa, sarebbero costrette ad andare all’estero. Come ha sottolineato recentemente il Corriere della Sera di Bergamo, proprio nella bassa bergamasca il fenomeno è molto diffuso, tanto a dover ricorrere a concorsi per cercare medici impiegabili nelle strutture sanitarie, che non siano obiettori di coscienza. Come è stato rilevato da più parti, al Papa Giovanni di Bergamo le donne incontrano molte difficoltà sia per le prenotazioni, sia per le lunghissime liste d’attesa tanto da doversi rivolgere ad altre strutture. Oggi, nella struttura del Papa Giovanni, gli obiettori sono 85 su 136 ovvero 18 ginecologi su 21, 12 anestesisti su 20, 45 ostetriche su 75 e 10 infermieri su 20. Nel 2012 alla ASL di Lucca i ginecologi obiettori erano 16 e quelli non obiettori solamente 3 , a Careggi 25 obiettori e 8 non obiettori mentre a Pisa 20 obiettori e 6 non obiettori, in una situazione generale della Toscana altamente disequilibrata. In questi casi non si tratta di negare l’obiezione di coscienza come scelta legittima, ma di equilibrare questa scelta con quelle diverse di altri soggetti, garantendo un servizio sanitario che rispetti scelte diverse garantendo il diritto all’aborto come scelta tutelata dalla legge.
Il diritto all’obiezione di coscienza non esonera il medico dall’intervenire durante l’intero procedimento di interruzione di gravidanza. Quando questo accade si configura un reato
L’art. 9 della legge 194/78 esclude il ricorso all’obiezione di coscienza quando nel caso di un intervento per interruzione di gravidanza, questo sia indispensabile per salvare la vita della donna o comunque preservarne le buone condizioni di salute. Il diritto ad obiettare scompare quindi di fronte al diritto della donna a ricevere le cure necessarie. La vicenda di Pordenone di cui abbiamo parlato è costata ad un medico: 1 anno di reclusione, 1 anno di interdizione dall’esercizio della professione medica, 8.000 euro di risarcimento danni alla parte civile. Il diritto all’obiezione di coscienza quindi presuppone la consapevolezza dei limiti entro cui possa essere esercitato.
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