Che le assicurazioni non sempre facciano gli interessi dei propri clienti questo è un dato certo. Alcune clausole, storicamente, sono state negli anni segnalate come assolutamente illegittime nei confronti degli utenti, al fine di limitare il diritto di rivolgersi a specialisti del settore. Un caso esemplare è quello recente legato ad Allianz e al procedimento di consultazione (il CV144) che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato contro il colosso assicurativo, in relazione ad una clausola contenuta nei loro moduli contrattuali legati alle polizze per la responsabilità civile auto Bonus/Malus e utilizzati nel corso del 2015. L’oggetto principale della clausola è la cosiddetta conciliazione paritetica

La conciliazione paritetica consente di risolvere le controversie in via stragiudiziale, ma gli utenti non si fidano

La conciliazione paritetica consente di risolvere controversie in via stragiudiziale, ovvero senza ricorrere ad un tribunale, in modo da risolvere contenziosi tra aziende e consumatori rapidamente. I protocolli sono stipulati tra associazioni dei consumatori e la singola azienda, che stabiliscono regole e modalità a cui ci si deve attenere per risolvere le controversie in corso. L’accordo delle parti è ovviamente concepito su base volontaria, quindi è possibile non accettarlo e ricorrere quindi alla giustizia e alla prassi ordinarie. Nel nostro caso, l’accordo per la conciliazione paritetica è stato pensato in modo congiunto da Ania, l’associazione delle Compagnie Assicurative e un buon numero di associazioni dei consumatori. C’è da dire che la conciliazione paritetica è stata un fallimento e che statisticamente poche persone se ne sono servite, perché in buona sostanza, lo strumento che avrebbe dovuto essere usato dagli automobilisti in caso di controversie con le Assicurazioni, riducendo tempi e costi, non è stato utilizzato a sufficienza. Secondo alcuni analisti, questo scarso successo deriva dalla sfiducia, in termini di risarcimento, che gli utenti hanno rispetto a strumenti di questo tipo, proprio perché messi insieme da Ania, Associazione dei consumatori (forse troppo vicine agli interessi delle Assicurazioni) e Ivass (l’istituto di vigilanza sulle assicurazioni).

La conciliazione paritetica riguarda controversie su sinistri RC auto il cui valore non superi i 15.000, ma l’utente preferisce rivolgersi agli specialisti di infortunistica

È il danneggiato che si attiva in questi casi attraverso una delle associazioni consumatori. La camera di conciliazione dove viene discussa la controversia è quella che vede come attori un rappresentante delle associazioni dei consumatori e uno delle imprese. Si tratta di procedure che vengono chiuse in trenta giorni. Quello che non ha funzionato, considerato che fino al 2014 i casi di persone che hanno utilizzato questo strumento non arrivavano a 200, è probabilmente la burocrazia iniziale che si aggiunge alla stipula dei contratti assicurativi, già di per se ricchi di incartamenti, complessi e articolati. Il consumatore alle scorciatoie promesse preferisce quindi consultarsi immediatamente con esperti di infortunistica o con legali che abbiano le competenze adatte e che sopratutto lavorino principalmente per tutelare i suoi interessi.

AGCM e il procedimento di consultazione nei confronti di Allianz. Oggetto: la conciliazione paritetica

Come accennavamo nell’introduzione a questo articolo, Allianz ha inserito una clausola del tutto vessatoria nei confronti dei consumatori nelle polizze Bonus/Malus, ovvero le classiche RC Auto, emesse nel 2015. La clausula Allianz obbliga l’utente a servirsi della conciliazione paritetica, senza potersi affidare ad un professionista esterno. In cambio l’utente viene attratto da uno sconto del 3,5% sul premio annuo netto RCA, ma se l’assicurato viola questa clausola, rivolgendosi ad un avvocato di sua scelta per le controversie, viene applicata una penale di 500 euro detraibile dalla somma dovuta per il risarcimento.

La clausola Allianz sulle polizze RCA auto introdotte nel 2015 è inutilmente vessatoria

L’autorità ha ovviamente ritenuto vessatoria la clausola introdotta da Allianz e questo ai sensi “dell’articolo 33, comma 1 e comma 2, lettere f), e t), 34, comma 2, del Codice del Consumo in quanto tale da determinare, a carico del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”.
L’esito dell’antitrust sulla consultazione ritiene quindi colpevole Allianz di aver inserito una clausola di ricorso obbligatorio allo strumento della conciliazione paritetica attraverso il sistema dell’indennizzo diretto.
La seconda violazione è impedire esplicitamente ai clienti di ricorrere alla gestione delle controversie da parte di soggetti terzi. Con l’aiuto dell’OUA – Organismo Unitario dell’Avvocatura e delle associazioni dei consumatori l’autorità è giunta alla conclusione che le clausole definite come “anti-avvocato”, sono vessatorie, perché restringono la libertà contrattuale dei clienti di rivolgersi a terzi e a specialisti in materia di risarcimento del danno.